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L’omicidio 31 anni fa: Giancarlo Siani torna a “vivere” in via Romaniello

 

siani-muralesL’omicidio 31 anni fa: Giancarlo Siani torna a “vivere” in via Romaniello

Era il 23 settembre 1985. Napoli era la città del fermento culturale, artistico, musicale, ma era anche la Napoli della guerra, dove si affrontavano a colpi di pistola i clan della “Nuova Famiglia”, il cartello avversario della “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo. Sono le 21 circa di un sereno lunedì di settembre e il ventiseienne Giancarlo ha appena terminato la sua giornata in redazione. Faccia pulita e curioso come pochi, “sostituto estivo” secondo il gergo giornalistico, abusivo come si usa in quello “normale”. Sale a bordo della sua Citroën Mehari verde speranza che annuncia il suo arrivo a un chilometro di distanza, saluta gli amici e va a parcheggiare al solito posto, sotto casa. Lì, i killer lo stanno aspettando da ore. Lo colpiscono alla schiena, con ben otto proiettili.

Giancarlo Siani aveva commesso il “grave errore” di accusare apertamente il clan Nuvoletta in un suo articolo, alleato dei Corleonesi di Totò Riina, e il clan Bardellino, esponenti della Nuova Famiglia, di voler spodestare e vendere alla polizia il boss Gionta, divenuto scomodo, per porre fine alla guerra tra famiglie. Ma le rivelazioni, furono la goccia che fece traboccare il vaso. Da quel momento la camorra decise che era giunto il momento di farlo fuori. Anche il giornalista era diventato troppo scomodo. In quell’articolo scrisse che l’arresto di Valentino Gionta era avvenuto grazie a una soffiata di alcuni esponenti del clan Nuvoletta ai carabinieri. Il boss fu arrestato poco dopo aver lasciato la dimora del boss Nuvoletta a Marano di Napoli. Un ottimo lavoro che lo portò a diventare corrispondente de “Il Mattino” nell’arco di un anno e ad avere la promessa di essere assunto. Una “gavetta” lunga 31 anni, perché il suo sogno si è spezzato in una tranquilla sera di fine settembre. Un sogno, quello che Giancarlo ha regalato a tanti ragazzi. Il sogno di un ragazzo come loro, un cronista libero e professionale che combatte per diventare un simbolo della lotta e dell’avversione alla criminalità organizzata, un simbolo di verità.

Oggi, 23 settembre 2016, la faccia pulita, il sorriso, la sua Olivetti e la celeberrima Mehari, corrono sul muro di cinta lungo quasi quaranta metri che si trova davanti alla sua abitazione in via Romaniello. In un murale realizzato dagli Orticanoodles, a pochi passi dal luogo dell’agguato che gli tolse la vita. L’opera, promossa da Paolo Siani, fratello di Giancarlo, e da “Inward: osservatorio sulla creatività urbana”, è stata inaugurata stamani. Comincerà così la giornata per ricordare il cronista ucciso quando aveva 26 anni, organizzata dalla Fondazione Polis, dall’Ordine dei giornalisti della Campania e da Libera. “Un murale impressionante, bellissimo. È come se mio fratello tornasse a rivivere dove è stato per 26 anni. Questo muro che sa e ha visto tutto, non raccontava niente fino a qualche giorno fa. Ora prende vita e restituisce a Giancarlo quello che gli è stato tolto”, dirà a caldo un emozionatissimo Paolo Siani davanti ai 26 frame che scorrono sul muro, regnati dal verde speranza della Mehari e dalle parole della carta stampata che gli hanno tolto e “restituito” la vita.

Foto: rete internet