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A Napoli il convegno “Infezioni e immunosoppressione nel trapianto d’organo solido”

convegnoSi è svolto ieri a Napoli, nella splendida cornice della sala congressi Villa Doria D’Angri – Università Parthenope, il convegno “Infezioni e immunosoppressione nel trapianto d’organo solido” alla presenza di professori ed eccellenze nel campo medico scientifico. Il dibattito – durato tutta la giornata, dalle 9 alle 18 – si è svolto in tre momenti importanti (Infezioni e immunosoppressione nel trapianto d’organo, infezioni e farmaci nel trapianto d’organo e presentazione di casi clinici) con i relatori che hanno posto al centro della discussione tematiche di primaria importanza riguardo le possibili complicazioni da infezione e immunosoppressione nel post trapianto d’organo. Tra i tanti presenti il prof. Enrico Di Salvo (Prof. Ordinario di Chirurgia Generale, Università degli Studi di Napoli Federico II), il prof. Michele Santangelo (prof. Associato di Chirurgia Generale, Università degli Studi di Napoli Federico II) e la prof. Maria Triassi (Prof. Ordinario di Igiene e Medicina preventiva, Direttore Dipartimento di Sanità Pubblica Università degli Studi Federico II) che nel suo intervento si è soffermata sull’uso dei farmaci (in particolar modo gli antibiotici) nei pazienti trapiantati.

Il presidente del convegno, il professore Stefano Federico, direttore dell’U.O.C. “Nefrologia e trapianto renale” A.O.U. Federico II, ci spiega le finalità dell’iniziativa: “Il senso di questo convegno è quello di mettere insieme, in questa nuova era dei trapianti, numerose branche specialistiche come chirurghi, nefrologi, anestesisti, infettivologi, dermatologi, cardiologi ecc, che partecipano ai trapianti. Oggi ci soffermiamo sull’aspetto che per prevenire il rigetto dell’organo trapiantato, nel nostro caso il rene trapiantato, c’è bisogno di utilizzare una terapia che reprime e che deprime e abbassa la capacità dell’organismo di reagire contro i virus, i batteri e contro i funghi. In questo modo se noi abbattiamo o riduciamo le difese immunitarie questi germi possono prendere il sopravvento e dare origine ad infezioni che possono essere anche mortali. Abbiamo messo, in quest’occasione, a confronto gli infettivologi, i nefrologi, i chirurghi per capire sin dove si può arrivare come terapia immunosoppressiva e quali sono i rimedi che si possono adottare per combattere questo tipo di patologia”

Presente al convegno il dottor Vincenzo D’Alessandro, Dirigente Medico Centro Interdipartimentale dei Trapianti di Rene A.O.U. Federico II di Napoli: “L’immunosoppressione è un fenomeno tipico nei trapiantati che assumono medicine per ridurre il potere immunologico dell’organismo. Gli immunosoppressori sono dei farmaci che riducono le difese immunitarie aumentando la possibilità di avere delle infezioni che a volte possono essere mortali. Per questo motivo il trapiantato non può considerarsi come una persona normale che contrae una patologia e i rischi di infezioni sono da tenere assolutamente sotto controllo. Questi appuntamenti per noi sono positivi, ci stiamo organizzando per definire delle linee guida e delle nuove tavole per capire come si vengono a determinare le situazioni dei trapiantati per questi fenomeni insidiosi. Lo scopo di queste giornate è quello di utilizzare sia questi nuovi farmaci che si affacciano alla ribalta che le tecniche e le indagini di tipo biologico per individuare questi microorganismi in tempi radipi”.

La dottoressa Rosa Carrano, Dirigente Medico U.O.C Nefrologia e Trapianto Renale A.O.U. Federico II ci fornisce ulteriori spiegazioni sull’importanza del convegno: “Con il trapianto c’è la concomitanza di varie discipline che concorrono al buon andamento dell’operazione e di tutto quel che riguarda il paziente trapiantato. Questa interazione e confronto consente di sviluppare vari punti: in primo luogo infezione e mortalità che della maggior parte dei pazienti avviene soprattutto nei primi mesi, in presenza di un alto grado di terapia intensiva. Il confronto con altri specialisti è importante nell’individuazione di un infezione e trattarla in maniera adeguata. Tutto questo consente di migliorare le nostre performance per evitare queste criticità che possono portare alla morte del paziente”.