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Rugby: Intervista ad Antonio Mernone – Delegato Provinciale Avellino

Nuova tappa del viaggio all’interno dei quadri dirigenziali che compongono il Comitato Regionale Campano della Federugby. È il turno dell’area geografica che fa capo ad Avellino, capoluogo della provincia irpina affidata rugbisticamente per il secondo mandato consecutivo al fiduciario Antonio Mernone.

Nato in Belgio nel ’72, inizia a giocare a rugby relativamente tardi all’età di trent’anni, invogliato dall’Avvocato Antonio Roca che fonda nel 2002 l’Avellino Rugby, ad oggi la società più longeva in città. Dopo aver passato un’intera decade in campo, Mernone veste i panni da consigliere societario ed inizia un percorso parallelo avviandosi alla formazione di tecnico. Ad oggi insieme a Carmine Caliano si occupa del settore giovanile del sodalizio irpino, oltre appunto ad essere stato nominato nuovamente fiduciario della provincia di Avellino dopo il mandato del precedente quadriennio olimpico.

Antonio, qual è lo stato di forma del rugby irpino?
“Ad Avellino il rugby piace e lo dimostrano i ragazzi che giocano a vari livelli con i club dell’Avellino, dell’Ariano e dei Wolves, anche se questi ultimi purtroppo stanno vivendo un momento di difficoltà in questi mesi. Le attività sono quindi legate sostanzialmente a due-tre società cittadine ma, comunque sia, noi stiamo lavorando da qualche anno anche per allargarci a tutta la provincia di Avellino. Tocca a noi incrementare i tesserati e sviluppare il movimento territoriale, con azioni mirate all’interno delle scuole per portare i ragazzi sul campo”.

Che tipo di rapporto c’è con il territorio? Ci sono le condizioni per allargare la base?
“Il bacino di utenza della provincia di Avellino è piuttosto piccolo se paragonato alle altre province campane, se poi andiamo a valutare il fattore che Avellino, come città e come utenza, da anni primeggia in alcuni sport maggiori quali la pallacanestro ed il calcio, di rimando le difficoltà che incontriamo nella divulgazione del nostro sport tra i giovani non sono poche. Inoltre la scarsa visibilità che abbiamo sui media locali e gli ancora diffusi pregiudizi che a volte riemergono sulla presunta violenza del nostro sport sono delle barriere che, seppur abbordabili a lungo andare, rallentano comunque lo sviluppo di società piccole come le nostre. Ma ovviamente siamo rugbisti e non ci fermiamo dinanzi agli ostacoli”.

Quale ricetta dunque per l’immediato futuro della palla ovale avellinese?
“A mio avviso sarebbe auspicabile unire le forze, non a caso la dicitura anglosassone del rugby a quindici è rugby union. Se infatti andiamo ad osservare fuori casa nostra, le principali federazioni sono quasi sempre organizzate al fine di costituire delle franchigie territoriali dove i migliori atleti delle singole società presenti sul territorio si ritrovano in un unico super club per competere nell’alto livello. Quindi sono convinto che potremmo farcela mettendo da parte i campanilismi ed applicando sempre più lo spirito inclusivo della nostra disciplina, senza mai ovviamente dimenticare le proprie origini da rivendicare appunto nelle franchigie territoriali. Mi rendo conto che il progetto è ambizioso ed arduo, ma con il coinvolgimento delle persone giuste, e con lo spirito di sacrificio che ci caratterizza in campo e fuori, nei prossimi anni sono certo che i risultati non tarderanno a venire”.

Foto e Fonte: C.R. Comitato Campano Rugby / Gianclaudio Romeo