“Pucundria”: origine e vero significato di questo antico termine napoletano

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La parola “pucundria” rappresenta un concetto unico e profondamente radicato nella cultura napoletana, una sensazione per cui non esiste una traduzione diretta in italiano.

È un termine che racchiude una serie di emozioni diverse. La difficoltà nel definire la pucundria in una sola parola riflette la complessità emotiva che questo termine evoca. I dialetti locali, come quello napoletano, custodiscono un ricco patrimonio di termini che non sempre trovano un corrispettivo in italiano.

Questi termini rappresentano delle vere e proprie sfumature culturali, che esprimono emozioni specifiche legate alle tradizioni e alle esperienze di una determinata comunità. Il dialetto napoletano, in particolare, è pieno di parole che raccontano storie, stati d’animo e modi di vedere la vita in maniera unica. La pucundria è un esempio perfetto di questo patrimonio linguistico ed emotivo.

Il significato di questo termine napoletano

Provare pucundria significa avvertire una sorta di tristezza indefinita, un misto di malinconia e noia che sembra prendere vita nel petto, per poi espandersi in tutto il corpo e l’anima. È una sensazione opprimente, un peso che si sente fisicamente, ma che ha radici anche nella sfera psicologica. La parola stessa deriva dal termine greco “ypochondrios”, che significa “sotto il costato“, un riferimento al punto del corpo in cui si manifesta questo malessere. Tuttavia, tradurre pucundria come “ipocondria” sarebbe riduttivo e fuorviante, poiché questa emozione non è legata a una preoccupazione per la salute fisica, ma è piuttosto uno stato d’animo diffuso e profondo.

Questo sentimento è talmente radicato nella cultura napoletana che è stato persino celebrato nella musica. Uno dei più celebri interpreti della canzone napoletana, Pino Daniele, ha dedicato una canzone alla pucundria, intitolata “Appocundria”. Nel brano, Daniele esprime questo senso di insoddisfazione e inquietudine che spesso accompagna la vita quotidiana, un’insofferenza verso la routine e un desiderio indefinito di qualcosa di diverso. La sua musica trasmette il peso di questo sentimento, che diventa un grido di insoddisfazione e ricerca di qualcosa di più profondo.

Il testo della canzone recita:

“Appocundria me scoppia
Ogne minuto ‘mpietto
Pecchè passanno forte
Haje sconcecato ‘o lietto
Appocundria ‘e chi è sazio
E dice ca è diuno
Appocundria ‘e nisciuno”

Queste parole descrivono perfettamente lo stato d’animo della pucundria, che non riguarda solamente una mancanza fisica o materiale, ma piuttosto un vuoto interiore difficile da riempire (se volete scoprire altri detti e modi di dire napoletani nella storia potete leggere quest’articolo).

Quando si avverte la pucundria

La pucundria può colpire chiunque, in qualsiasi momento, e si manifesta come una sensazione di insoddisfazione, un malessere che sembra partire dal petto e insinuarsi fino nelle viscere. Non è una sensazione specifica, ma piuttosto una somma di emozioni che, prese singolarmente, non potrebbero spiegare la complessità di questo stato d’animo. Chiunque abbia sperimentato un momento di nostalgia senza motivo apparente, o una sottile inquietudine che non riesce a spiegare, può dire di aver provato la pucundria.

Il fatto che la pucundria sia così difficilmente traducibile sottolinea l’importanza di certi termini dialettali, che sanno esprimere in poche sillabe sentimenti complessi. La pucundria è qualcosa che tutti, almeno una volta, hanno provato, ma che solo il dialetto napoletano riesce a descrivere appieno. La prossima volta che ci si sente sopraffatti da un senso di malinconia indefinita, è utile ricordare che quel sentimento ha un nome: è solo pucundria, una parte del patrimonio culturale e linguistico che arricchisce l’identità napoletana e la rende unica.