Probabilmente, quando avrà la possibilità di parlare in conferenza stampa in veste di nuovo allenatore degli azzurri, eviterà di nominare la parola “sogno”, ma tant’è.
Maurizio Sarri, nato quasi per caso nel capoluogo campano 56 anni fa, dovrà fare i conti con questa condizione emotiva indefinibile; un emigrante di ritorno che realizza in effetti quello che lui stesso definirebbe il sogno di una vita. Una vita trascorsa tra gli uffici bancari dell’hinterland toscano (era dirigente per la MPS, ndr), e quasi un quarto di secolo – una volta slacciata la cravatta – a fare una gavetta eccezionale che l’ha portato dalla Seconda Categoria alla serie A.
Effettivamente, è inutile negare che ci sia del rammarico per il fatto che nella massima serie ci sia arrivato con un po’ di ritardo. Un tecnico atipico, questo è “mister 33”, come si soleva bollarlo per la sua maniacale attenzione sul campo e al computer per i suoi adorati 33 schemi, un vademecum tattico che lo ha reso uno dei tecnici più informati e moderni della nostra serie A.
Un umile artigiano del pallone, che non ammette alcuna presa di distanza o insofferenza dai suoi calciatori. Non è un tecnico d’immagine, ma di sostanza: è l’antieroe dostoevskijano che proviene dal sottosuolo delle idee e che ha vinto la sua sfida. Trasformare in realtà il proprio desiderio più grande: allenare la squadra che ama perché è la città che gli ha dato i natali e per la quale ha sempre dichiarato di fare il tifo.
Aurelio De Laurentiis è letteralmente impazzito per lui quando il suo Empoli ha dettato legge al San Paolo e conquistato – con merito – ben quattro punti (tra andata e ritorno) con il gioco propositivo e vivace che non ha lasciato scampo al ben più quotato Napoli di Rafa Benitez. Un “colpo di fulmine” che arriva da lontano: un azzardo o una scelta felice? Sarà il campo a dar ragione (o no) alla scelta del patron azzurro, ammaliato dall’effetto Sarri.
foto: rete
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