Chi è Sandokan Schiavone, il boss dei casalesi pentito dopo 26 anni

La vita criminale è spesso dipinta come avventurosa e ricca di opportunità, ma la realtà è ben diversa. Essere coinvolti nel mondo del crimine comporta un costo personale e sociale enorme. I criminali vivono costantemente nella paura, sempre in guardia contro i rivali, la polizia e possibili traditori all’interno del proprio clan.

La pressione psicologica e lo stress sono costanti compagni di questa esistenza, senza possibilità di una vera pace interiore. Inoltre, la vita criminale è caratterizzata da una costante lotta per il potere e la sopravvivenza. Le alleanze vanno e vengono, le faide sono frequenti e le vendette sono moneta comune. La violenza e il pericolo sono sempre presenti, con rischi di ferite gravi o morte a ogni angolo.

Ma, alla fine, la strada del crimine porta inevitabilmente a un epilogo tragico. Con il passare degli anni, la maggior parte dei criminali viene uccisa o arrestata. Le indagini della polizia diventano sempre più sofisticate, mentre le organizzazioni criminali stesse sono soggette a tradimenti interni e conflitti di potere.

Sandokan si arrende alla legge dopo 26 anni

Lo sa bene Francesco “Sandokan” Schiavone, figura di spicco dei Casalesi, ha attraversato una vita criminale segnata da latitanza, arresti e condanne. Il suo primo arresto avvenne nel 1989 a Nizza, Francia, ma nonostante questo riuscì a mantenere il controllo del clan anche dall’estero.

Tornato in Italia, fu assolto inizialmente e scontò solo tre mesi di reclusione nel 1992, prima di scomparire dai radar. La sua cattura avvenne nel 1998, quando fu trovato in un bunker a Casal di Principe.

Attualmente detenuto a L’Aquila in regime di carcere duro, Schiavone ha manifestato l’intenzione di collaborare con la giustizia, inviando una richiesta di incontro alla Direzione Nazionale Antimafia. Questa decisione è giunta quasi 26 anni dopo il suo arresto e poco prima della prossima scarcerazione del figlio Emanuele.

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Già due dei suoi figli, Nicola e Walter, si erano pentiti in precedenza. Il contenuto dei primi colloqui è secretato, ma è probabile che Schiavone fornisca informazioni cruciali sulla sua ascesa nel clan dei Casalesi e su omicidi di rilievo, come quello di Antonio Bardellino nel 1988, che consentì a Schiavone di prendere il comando dell’organizzazione camorristica.

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Condannato all’ergastolo in vari processi, compreso il maxi processo Spartacus, Schiavone potrebbe rivelare anche legami con la politica e l’imprenditoria di Caserta e provincia.