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Faida Scampia, Di Lauro sceglieva i nomi delle vittime al bar

La presenza della Camorra rappresenta una piaga devastante per l’intero territorio campano. Questa organizzazione criminale, con le sue attività illegali e la sua rete di controllo, genera un impatto negativo su tutti gli aspetti della vita nella regione.

La sua influenza si estende dalla corruzione e il racket, all’estorsione e il traffico di droga, compromettendo la sicurezza pubblica, l’economia locale e il tessuto sociale. Le attività illecite della Camorra creano un clima di paura e instabilità, limitando le opportunità di crescita economica e sviluppo sociale.

Inoltre, l’immagine negativa legata alla criminalità organizzata danneggia l’immagine della regione a livello nazionale e internazionale, ostacolando il turismo e gli investimenti. Combattere la Camorra richiede un impegno congiunto delle istituzioni, della società civile e delle forze dell’ordine per contrastare efficacemente questa minaccia e ripristinare la legalità e la sicurezza nella regione campana.

Come i Di Lauro sceglievano le loro vittime

Durante la prima faida di Scampia, il clan Di Lauro adottò una strategia di terrore, mirando a uccidere chiunque fosse legato agli Scissionisti, uomini e donne inclusi, per seminare panico. Salvatore Tamburrino, ex affiliato diventato collaboratore di giustizia, rivela che la scelta degli obiettivi era collegiale, coinvolgendo Cosimo, Marco e Ciro Di Lauro.

Quest’ultimo decise di scatenare la guerra dopo l’omicidio di Fulvio Montanino, considerandolo un attacco alla sua famiglia. Il gruppo pianificò di colpire i parenti dei rivali per diffondere la paura. Nonostante l’opposizione a vendette trasversali, Cosimo impose la sua volontà. Tamburrino testimonia che i Di Lauro erano determinati a instillare il terrore in tutti, anche con azioni estreme.

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Secondo Tamburrino, la lista degli obiettivi richiedeva l’approvazione di Cosimo Di Lauro, ma in sua assenza, l’ok di uno dei due fratelli sarebbe stato sufficiente. “Ci incontravamo al bar e si proponeva un nome e si andava da Cosimo e costui diceva sempre sì.

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Durante la testimonianza shock, il pentito ha rivelato che “Cosimo diceva ‘purché si facciano i morti’: l’unico presupposto è che vi fosse l’autorizzazione espressa di uno dei tre fratelli”. Un luogo importante era il bar che frequentavano tutti: “C’erano parecchie persone disponibili a fare gli omicidi per i Di Lauro. C’erano mezzi ed armi disponibili lì.