La leggenda della strega di Port’Alba a Napoli: cosa si sentirebbe di notte

Port’Alba, situata nei pressi di piazza Dante, nel cuore di Napoli, si erge come una delle porte più antiche della città, rappresentando un punto d’accesso storico  del centro storico.

Le sue origini risalgono al 1625, quando il viceré spagnolo Don Antonio Álvarez de Toledo, noto come duca d’Alba, ne ordinò la costruzione all’interno dell’antica muraglia angioina.

Si tramanda che i cittadini napoletani, stanchi di dover compiere lunghi giri attorno alle mura aragonesi, avessero praticato unpertuso (un buco) in questo punto.

Al di là della grandezza e della bellezza dell’edificio, gli abitanti di quell’area sono soliti raccontare una leggenda del tutto particolare che si tramanda ormai da secoli, di padre in figlio

Napoli, la leggenda della strega di Port’Alba: il racconto

Nel corso dei secoli, Port’Alba a Napoli è diventata un centro di intensa attività commerciale.

Questa celebre struttura è rinomata come tante altre grazie per le leggende che i cittadini partenopei sono soliti raccontare per le vie della città.

Una di queste riguarda il tragico amore di Michele, un conciatore di pelli, e Maria ‘a Rossa, una giovane donna dalla folta chioma rossa, conosciuta oggi come la strega di Port’Alba.

L’apertura di Port’Alba fu per i due giovani amanti un coronamento del loro amore, che però ebbe vita breve a causa di un sortilegio.

La sera delle nozze, rientrando a casa, una forza misteriosa impedì a Michele di procedere e lo paralizzò. Maria cercò invano di portarlo con sé. Il giovane, interpretando quel segno come un presagio di sventura, si allontanò dalla sua amata.

Così Maria si immerse nella sua sofferenza, cedendo alle arti oscure della stregoneria e giurando vendetta. Fu così che tutti iniziarono a indicarla come la strega di Port’Alba.

In quei tempi, il destino riservato alle streghe non era certo clemente. Maria fu processata e relegata in una gabbia appesa sotto Port’Alba, lasciata morire di fame e sete davanti agli occhi di tutti.

Oggi, l’unico ricordo di quella terribile condanna è rappresentato dall’uncino che la sostenne.

Ancora oggi, nonostante il passare dei secoli, nessuno può dire con certezza quale sortilegio abbia spezzato l’unione tra Maria e Michele.

Ma c’è chi giura di udire ancora il suo pianto nelle notti silenziose, mentre si aggira tra i vicoli nei dintorni della struttura.