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“Mannaggia o sanghe d’a culonna”. Come nasce l’imprecazione napoletana

La lingua napoletana è piena di espressioni colorite che l’hanno resa celebre in tutto il mondo. Non solo le derivazioni dal passato ed i termini sempre in uso da secoli, c’è da fare i conti anche con le mille imprecazioni che si possono ascoltare passeggiando per i vicoli della città. Una di queste è sicuramente “Mannaggia o sanghe d’a culonna”.

L’imprecazione “Mannaggia o Sanghe d’a culonna” rappresenta un’unica espressione in cui la linea tra sacro e profano si fa estremamente sottile. La stretta assonanza tra i termini “culonna” e “Madonna” sembra giustificare l’utilizzo della struttura architettonica per evitare di imprecare direttamente contro la Madre di Dio.

Allo stesso tempo, il riferimento al sangue può essere spiegato attraverso la tradizione romana di flagellare a sangue i condannati, che venivano legati a colonne. Così, imprecando contro “o sanghe d’a culonna”, si impreca contro il sangue di Gesù versato sulla colonna della flagellazione durante la Passione.

“Mannaggia o sanghe d’a culonna”: un’esclamazione con influenza storica

Un’altra versione suggerisce che l’origine di questa esclamazione abbia persino una base storica. Si racconta che nella piazza Ottocalli di Napoli fosse collocata una colonna di epoca romana. Intorno al 1500, gli abitanti della zona, incoraggiati anche dai parroci della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, cominciarono a credere che questa struttura avesse poteri magici e influenzasse il clima.

I contadini, in particolare, si rivolgevano alla colonna per scacciare il freddo o richiedere l’arrivo delle piogge. Tuttavia, la Chiesa iniziò a considerare pericolosa l’adorazione del popolo verso questa credenza profana e nel 1590 l’arcivescovo Annibale di Capua fece abbattere la colonna.

Da allora, ogni volta che qualcosa andava storto, i napoletani incolpavano l’assenza della colonna con la famosa imprecazione, che si tramanda ancora oggi. Il sangue, tuttavia, è spesso associato al termine “mannaggia” con un significato più negativo. Un esempio famoso è quello riferito ai cari defunti della persona che si intende offendere (“‘e chi t’è muorto”).

In questo caso, l’imprecazione si discosta dagli altri casi, assumendo un carattere offensivo e vile, che si riferisce genericamente alla sfortuna. “Mannaggia o Sanghe d’a culonna” è un’espressione intrisa di legami sacri e storici. Attraverso il suo utilizzo, si richiamano antiche tradizioni e credenze, oltre a riflettere la complessità della cultura napoletana.

È un’esclamazione che unisce il sacro e il profano, portando con sé il ricordo di eventi storici e l’importanza delle credenze popolari. Mannaggia o Sanghe d’a culonna, un richiamo al passato che continua a risuonare nella vita quotidiana di Napoli.