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Tarallo ‘nzogna e pepe: lo street food della tradizione napoletana

Passeggiando sul Lungomare di Napoli è impossibile non notare i famosi chioschetti che vendono i taralli ‘nzogna e pepe. Una prelibatezza amata anche dai turisti e che rappresenta lo spuntino salato per eccellenza, ideale per le scampagnate e le gite fuori porta.

Ma attenzione, perché questi sfiziosi e friabili cerchi di gustosa pasta sono tutto tranne che leggeri.

La storia dei taralli n’zogna e pepe

La storia dei taralli ‘nzogna e pepe di Napoli affonda le sue radici nel XVIII secolo, quando nacquero come soluzione creativa per utilizzare gli avanzi di pasta di pane. I fornai, non volendo sprecare lo “sfriddo”, univano queste rimanenze di impasto lievitato con sugna (conosciuta anche come “grasso dei poveri” o nel dialetto napoletano, ‘nzogna) e pepe.

L’impasto veniva modellato in due strisce sottili, intrecciate tra loro, e poi cotte insieme al pane. Una volta cotti, i taralli venivano collocati nella sporta del tarallaro, un cesto di vimini che un tempo caratterizzava le strade di Napoli, ma che purtroppo oggi non si vede più.

Il compito del tarallaro era quello di girare per la città con il suo carretto, portando sulle spalle il suo paniere colmo di taralli pronti a sfamare chiunque avesse bisogno, con pochi soldi in tasca.

Fortunato Bisaccia detto ‘o tarallaro

L’ultimo tarallaro che ha percorso le strade di Napoli con il suo carretto, dal dopoguerra agli anni ottanta, fu probabilmente Fortunato Bisaccia. Questo simpatico personaggio girava allegro per i vicoli di Napoli, gridando: “Fortunato tene a robba bella ‘nzogna ‘nzò”.

Proprio queste parole sono state ricordate anche in una delle canzoni di Pino Daniele, che volle dedicare a lui e ai tipici taralli napoletani una canzone intitolata “Fortunato” nell’album “Terra Mia”.

All’inizio dell’Ottocento i taralli si arricchirono di mandorle, il cui sapore si sposava perfettamente con il pepe. Alcuni esperti affermano che i taralli vanno addirittura inzuppati nell’acqua di mare.

Ingredienti

  • 500 g di farina
  • 150 g di strutto o sugna
  • 1 cubetto (30 g) di lievito di birra
  • 200 g di mandorle con buccia
  • 2 cucchiaini di pepe nero
  • 2 cucchiaini di sale

Procedimento

  1. Sciogliere il lievito di birra in un po’ d’acqua tiepida e aggiungerlo a 100 g di farina. Impastare fino a ottenere un piccolo panetto, quindi incidere a croce la superficie e metterlo a lievitare in una ciotola. Quando avrà raddoppiato di volume, aggiungere il sale, il pepe e la sugna (senza scioglierla). Aggiungere il resto della farina e aggiungere acqua tiepida a sufficienza per ottenere un panetto lavorabile sulla superficie di lavoro.
  2. Lavorare l’impasto per almeno 10 minuti, quindi prenderne piccoli pezzi e formare bastoncini lunghi circa 15 cm, spessi come una matita. Unire i bastoncini, attorcigliandoli su se stessi, e unirli a formare delle ciambelle.
  3. Decorare i taralli con le mandorle, quindi lasciarli lievitare fino a quando avranno raddoppiato di volume. Successivamente, infornarli a 180°C e cuocerli fino a quando saranno belli dorati.

Una volta pronti, i taralli napoletani possono essere conservati ermeticamente per diversi giorni, mantenendo intatta la loro fragranza e sapore.