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Chiacchiere e sanguinaccio: la tradizione del Carnevale a Napoli

Il Carnevale rappresenta un capitolo vitale e coinvolgente nella vita dei napoletani, permeando la città con una magia travolgente e un senso innato di festa. Questo periodo di gioia e divertimento assume un’importanza straordinaria, poiché Napoli si veste di colori vibranti, suoni festosi e maschere tradizionali.

Andando così a creare un’atmosfera unica che contagia l’intera comunità. Oltre a essere un’opportunità per sfoggiare costumi elaborati e trucchi iconici come quello di Pulcinella, il Carnevale a Napoli diventa un momento di condivisione e connessione, dove le persone si uniscono per coltivare legami e godere di momenti di puro divertimento.

La ricca tradizione culinaria partenopea trova un’occasione speciale durante il Carnevale, con piatti tipici e dolci tradizionali preparati per celebrare l’abbondanza e la convivialità. L’atmosfera festosa, impregnata di storia, cultura e folklore, mantiene vive le antiche usanze, trasmettendo un senso di appartenenza e identità. Tra le tradizioni culinarie più intramontabili l’accoppiata tra chiacchiere e sanguinaccio.

La storia di chiacchiere e sanguinaccio napoletano

Le chiacchiere, dolce tipico italiano, tracciano le loro radici fin dall’antica Roma e variano di nome a seconda della regione. Questi biscotti sottili si compongono principalmente di acqua, burro e farina, incarnando la semplicità dolciaria.

Nel corso degli anni, sono emerse varianti che ne arricchiscono la tradizione. Le chiacchiere possono presentarsi ricoperte di cioccolato, pistacchio o altre delizie. Sia al forno che fritte, possono assumere forme lineari o arricciate. Questo dolce versatile riflette l’abilità culinaria italiana di adattarsi e innovare, mantenendo al contempo un legame con le radici storiche.

Il sanguinaccio, tipico dolce napoletano, racchiude una storia intrigante, storicamente associata a un tabù. Fino al 1992, questo dolce era preparato come una crema al cioccolato mescolato al sangue del maiale, una pratica radicata nella tradizione religiosa legata al carnevale, iniziato il 17 gennaio in onore di Sant’Antonio Abate, spesso raffigurato con un maiale.

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Il falò di Sant’Antonio era legato a un antico rimedio per l’herpes chiamato “Fuoco di Sant’Antonio”, curato con il sangue di maiale. Oggi, il sanguinaccio ha subito una trasformazione, diventando una crema al cioccolato deliziosamente dolce, priva del sangue di maiale.

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Questa evoluzione sottolinea il cambiamento nel panorama culinario, mantenendo tuttavia un legame con le radici storiche e culturali della tradizione napoletana. Chiacchiere e sanguinaccio sono l’accoppiata immancabile sulle tavole partenopee quando arriva il Carnevale, ogni anno, da decenni ormai.