WebNapoli24 - WN24

“Cu ‘na mano ‘nnanze e n’ata areto”, come nasce questo proverbio napoletano

La lingua napoletana è ricca di modi di dire, proverbi e espressioni idiomatiche che riflettono la sua storia, cultura e identità. Questi modi di dire sono tramandati di generazione in generazione, rappresentando un patrimonio linguistico unico e prezioso.

Essi sono spesso colorati, vivaci e ricchi di immagini, contribuendo a rendere la comunicazione più vibrante e vivace. I modi di dire napoletani riflettono l’umorismo, la saggezza popolare e la vivacità della cultura partenopea, offrendo una forma espressiva distintiva e peculiare. Queste espressioni possono essere utilizzate per esprimere concetti complessi in modo semplice e diretto, aggiungendo profondità e colore al linguaggio parlato.

Inoltre, i modi di dire napoletani spesso trasmettono delle leggi morali, importanti suggerimenti di vita e osservazioni sulla vita quotidiana, fungendo da veicolo per la trasmissione di valori culturali e sociali. In questo modo, essi contribuiscono alla preservazione e alla diffusione della ricca tradizione linguistica e culturale di Napoli.

Le origini del detto napoletano “Cu ‘na mano ‘nnanze e n’ata areto”

Tra i modi di dire più complessi, coloriti e difficilmente traducibili esiste il famoso “Cu ‘na mano ‘nnanze e n’ata areto“. Questa espressione molto particolare trova le sue radici in un’antica pratica legata al fallimento finanziario.

Letteralmente tradotto, significa “Con una mano davanti e l’altra dietro“. Questa espressione descrive metaforicamente la condizione di chi, ridotto alla povertà e alla nudità, si allontana coprendo le proprie parti intime con le mani non avendo più nulla con cui vestirsi e proteggersi.

Napoli, un tempo, ospitava un rituale particolare presso il Tribunale: i falliti dovevano poggiare le loro natiche nude per tre volte su una colonnina, simboleggiando la cessione dei loro beni immobiliari. Questo atto, conosciuto come “zitabbòna” (derivato dal latino “cedo bona” per svendita dei beni), dimostrava che non possedevano più nulla.

Potrebbe interessarti anche: Chi era Vincenzo Bellini a cui è dedicata statua e piazza a Napoli

Dopo aver eseguito questo gesto umiliante, i falliti si allontanavano dalla colonnina coprendo le proprie vergogne con le mani. Una pratica simile avveniva anche altrove, come a Firenze, dove i falliti poggiavano il sedere nudo su un cuscino di pietra prima di fuggire con una mano davanti e una dietro.

Potrebbe interessarti anche: A Napoli c’è questo proverbio sull’arrivo della Candelora

Questo detto, dunque, non solo riflette una pratica antica legata al fallimento, ma anche una realtà sociale e giuridica dell’epoca che trovava eco nella lingua e nelle espressioni della cultura napoletana.